20 dicembre 2013

Montagna-terapia

Ciao a tutti,
dopo qualche esperienza vissuta su campi da gioco, qui ci spostiamo nella natura incontaminata, ci mettiamo gli scarponi, lo zaino sulle spalle, e ci prepariamo a salire e a scoprire le bellezze e le difficoltà della montagna!

Io ho iniziato ad andare in montagna quando avevo 10 anni, con i miei genitori ed altri amici.
Per me stava diventando una filosofia di vita!
È da qualche anno che le mie estati le passo tra altre vette, con uscite fuoriporta, ma mi è rimasta la passione per il cammino in salita!

Ho aperto la rivista del CAI "Montagne360" e ho letto un articolo: ANDATE IN MONTAGNA CHE VI FA BENE, la montagna-terapia può essere di grande aiuto nei casi del disagio psichico.

Mi sono subito interessata, primo perchè credo che faccia bene a tutti, secondo perchè ultimamente ho avuto l'opportunità di conoscere diverse persone che hanno un disagio psichico, ho fatto volontariato e lavorato con loro. Mi sono immaginata come sarebbe andare in montagna con loro!

Nell'articolo che ho menzionato poco fa, che tira le fila di un convegno svoltosi in Sardegna proprio su questa tematica, si legge come la montagna-terapia rappresenti un campo di applicazione capace di far nascere trasformazioni significative e di favorire nuove identità sul piano psichico, corporeo e relazionale, con un nuovo modo di percepire se stessi e gli altri.

È stato sperimentato come le montagne, insieme al gruppo, offrono nuove prospettive che possono modificare i vissuti soggettivi e le modalità di entrare in contatto con l'ambiente circostante, non solo fisico, ma anche sociale.  La montagna come elemento che mette alla prova, insieme allo stare con gli altri, in un gruppo "solido e solidale", sono strumenti che favoriscono la costruzione del senso di fiducia dell'altro. La difficoltà a raggiungere le cime stimola la persona a impegnarsi e a liberarsi da alcuni condizionamenti e limiti. L'esperienza del gruppo, della fatica e del piacere associato alla montagna stimola nuove espressioni di sé e costituisce una sorta di palestra di "resilienza": mentre aumento la mia capacitá di tollerare lo sforzo e le paure della salita, migliora anche la capacità di gestire la sofferenza e i dolori psichici.

Mi sembra che ognuno che abbia fatto esperienza di una bella escursione in montagna, tra ripidi sentieri, si possa ritrovare in questa ricerca di equilibrio tra corpo-mente e ambiente esterno.

Nel prossimo post parleremo più nello specifico di quegli elementi che vengono toccati a livello psicologico-emotivo durante una ascesa!

Zaino in spalla e buon cammino a tutti!
Giovanna


16 dicembre 2013

BASKIN: BASKET INTEGRATO

Ciao!
Eccoci ancora qui per parlare di basket, o meglio, di basket integrato!
La sigla è BASKIN e ne ho potuto fare esperienza qualche anno fa con la mia vecchia squadra di basket che ha collaborato ad un progetto di solidarietá con la scuola media di Vigarano Mainarda (FE).
Ho potuto giocare una partita e raccogliere le esperienze di ragazzi con o senza disabilitá.
Personalmente non ne conosco la storia e l'intero regolamento, quindi ho dovuto cercare in rete, e questo mi sembra l'articolo piú appropriato, preso dal sito www.superando.it; a fine post trovate anche un video!


Si ispira al basket, ma è una nuova attività sportiva a tutti gli effetti il baskin(abbreviazione di basket integrato), con le sue caratteristiche particolari e innovative. Si tratta in sostanza di una disciplina nata da alcuni anni a Cremona - in un contesto scolastico e dalla collaborazione di genitori, professori di educazione fisica e di sostegno – per permettere a giovani normodotati e a giovani con qualsiasi tipo di disabilità fisica e/o mentale (che consenta il tiro in un canestro) di giocare nella stessa squadra, composta sia da ragazzi che da ragazze. L’obiettivo principale è quello di mettere in discussione la “rigida struttura” degli sport ufficiali, diventando un vero e proprio “laboratorio di società”.
Dieci sono le semplici regole del baskin, volte a valorizzare il contributo di ogni ragazzo o ragazza all’interno di una squadra: infatti il successo comune dipende realmente da tutti. Tale adattamento – che personalizza la responsabilità di ogni giocatore durante la partita – permette di superare positivamente la tendenza spontanea a un atteggiamento “assistenziale” a volte presente nelle proposte di attività fisiche per persone con disabilità.
In sintesi il regolamento adatta: 1) il materiale (uso di più canestri: due normali e due laterali più bassi; possibilità di sostituzione della palla normale con una di dimensione e peso diversi); 2) lo spazio (zone protette previste per garantire il tiro nei canestri laterali); 3) le regole (ogni giocatore ha un ruolo definito dalle sue competenze motorie e ha di conseguenza un avversario diretto dello stesso livello. Questi ruoli sono numerati da 1 a 5 e hanno regole proprie); 4) le consegne (possibile assegnazione di un tutor, ovvero di un giocatore della squadra che può accompagnare più o meno direttamente le azioni di un compagno con disabilità).
«Anche i ragazzi normodotati – spiega Laura Carini della Segreteria dell’AssociazioneBaskin ONLUS, che dal 2006 costituisce il riferimento di tale attività - beneficiano di questo percorso. Infatti nel baskin essi imparano ad inserirsi e a organizzare un gruppo che conta al suo interno gradi di abilità differenti. Essi devono così sviluppare nuove capacità di comunicazione, mettendo in gioco la propria creatività e instaurando relazioni affettive anche molto intense. Inoltre la condivisione degli obiettivi sportivi con i ragazzi disabili permette loro di apprezzare le ricchezze e le capacità che la diversità porta con sé. Riguardo a questi ultimi, dopo sei anni di attività possiamo dire che i risultati raggiunti sono considerevoli: è aumentata infatti la fiducia in se stessi, la capacità di coniugare il sacrificio al piacere, sono cresciute le abilità psicomotorie e quelle di interazione con i ragazzi e con gli adulti».
Vi lascio anche il link di un video di presentazione del baskin, fatto molto bene!
Buona visione
http://www.youtube.com/watch?v=VhZs7Y0LSv4
alla prossima
Giovanna

8 dicembre 2013

Mettersi in gioco...con chi?

Ciao a tutti!

Oggi vi racconto l'esperienza di G., un ragazzo con disturbo dello spettro autistico che gioca a pallacanestro insieme ad una squadra di coetanei, accompagnato da Valentina, una ragazza di 25 anni che lo segue da cinque anni.

Io: Ciao Valentina, come hai conosciuto G.?
V: Ho conosciuto G. proprio nel momento in cui mi hanno proposto di seguirlo nella sua attivitá sportiva; lui aveva 9 anni e io 20.


I: Come sono andati i primi allenamenti?
V: All'inizio è stato difficile, perchè dovevo conoscerlo, capire cosa sapeva o non sapeva fare; era anche molto difficile stargli vicino fisicamente in quanto lui aveva una grande energia e correva dappertuttto. Per me era anche la prima volta che mi rapportavo con una persona con disabilitá, ma ho voluto provare, dandoci il tempo di conoscerci a vicenda.


I: Ci avete messo molto a conoscervi e come si trova secondo te G nella squadra?
V: Diciamo che io caratterialmente vorrei conoscere una persona immediatamente, mentre G con il suo ritmo nel far crescere le cose, mi ha insegnato la pazienza dello stare vicino a una persona pur senza conoscela a pieno. Ora posso dire che, dopo cinque anni, abbiamo costruito una relazione molto bella, fatta non solo di condivisione dell'attivitá sportiva, ma soprattutto umana.
Per quanto riguarda la squadra, G ha un po' di difficoltá ad imparare i nomi e a rapportarsi con gli altri. In piú l'allenamento viene fatto con altri ragazzi delle medie, e per loro è difficile la richiesta di sensibilitá e accoglienza di una persona che ha ritmi e modi diversi dai loro. Qualcuno è piú sensibile, lo coinvolge e l'aiuta, altri fanno più fatica.

I: Per te G ne trae beneficio per il suo benessere generale? Per la sua vita?
V: Ma certo! Intanto in questi anni è migliorato tantissimo a livello sportivo, è diventato piú autonomo e non c'è bisogno di accompagnarlo sempre. È un beneficio anche per la sua vita, perchè è un'attivitá che lo fa stare bene, che lo fa crescere e gli fa tirare fuori molte capacitá altrimenti nascoste.


I: Quali risorse si possono trovare nello sport per le persone con disabilitá?
V: È affascinante che ragazzi con e senza disabilitá giochino insieme, in quanto fa crescere tutti dal punto di vista umano: l'aiuto, l'empatia che si crea tra i compagni di squadra dá una sicurezza a chi spesso vive esperienze di incomprensione e solitudine causate dalla sua "diversitá".
Credo che svolgere attivitá sportiva integrata sia una bella sfida! Alla fine, che tu sia disabile o no, comunque ti devi mettere in gioco! 


Ringraziamo Valentina per la sua testimonianza
Mettiamoci sempre in gioco!
Alla prossima
Giovanna

Ripartire

Buona domenica a tutti!

Riprendo dopo tanto tempo la scrittura del blog, con nuove vedute e nuove esperienze!

Vi racconteró un po' di avventure vissute inerenti allo sport, con uno sguardo sempre rivolto alla dimensione sociale!

Chi conosce, per esempio, il tchoukball?

O chi sa il significato di BASKIN?

Avete mai sentito parlare di montagna-terapia?

Tutte queste novitá le potremo esplorare insieme nei prossimi post!

A presto
Giovanna